Il tema dei grani antichi è un argomento molto dibattuto e, ammettiamolo, oggi parlare di grani antichi è anche un po’ di moda. Ma sia in ambito nutrizionale che in campo agricolo il ritorno dei grani antichi è di certo un ottimo segnale.
Quando parliamo di grani antichi ci riferiamo a varietà di grano del passato, risalenti al tempo in cui le coltivazioni si praticavano con i semi presenti in natura grazie alla biodiversità, senza ricorrere alle moderne tecniche di selezione genetica.
Conviene fare subito un paio di precisazioni. Va chiarito prima di tutto che il processo di selezione e di incrocio di specie è da sempre presente in agricoltura. Ma mentre un tempo ciò avveniva secondo processi più naturali ed entro certi limiti, oggi le attuali tecniche di selezione genetica finalizzate all’ottimizzazione produttiva comportano anche un uso massiccio di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti, tutte sostanze che provocano pesanti danni alla salute. Secondariamente, con grani antichi non intendiamo varietà che si coltivavano secoli o addirittura millenni fa. Basta ritornare ai primi del ‘900 per ritrovare i grani autoctoni diffusi prima che le tecniche agricole venissero rivoluzionate dall’avvento della meccanizzazione e della produzione di massa.
Ma come mai i grani antichi hanno rischiato nel tempo di scomparire?
La Sicilia: patrimonio di biodiversità e laboratorio sui grani antichi.
La Sicilia rappresenta un territorio particolarmente interessante per quanto riguarda i grani antichi. Le caratteristiche fisiche e geografiche dell’isola hanno fatto sì che si creasse al suo interno un patrimonio di biodiversità ricchissimo, con una cinquantina di specie di grano.
I grani autoctoni, più alti rispetto a quelli moderni, erano in grado di contrastare le infestanti e di trarre dal terreno i micronutrienti grazie a radici più lunghe che arrivavano in profondità. Le varietà moderne invece, più basse e geneticamente migliorate per essere più produttive, oltre a richiedere l’impiego di diserbanti e fertilizzanti hanno portato alla perdita delle tipicità locali con il conseguente impoverimento della biodiversità.
I grani antichi sono quasi scomparsi dal mondo agricolo intorno alla metà del ‘900, quando sono state introdotte la coltivazione intensiva e le macchine per produrre grandi quantità di grano. A seguito di queste innovazioni, sono state selezionate varietà di grano con una resa più alta ed è andata via via diffondendosi la coltivazione intensiva. L’industria sementiera è stata presa in mano da poche grosse aziende. Oggi è controllata per la maggior parte da un pugno di potenti multinazionali.
L’interesse per i grani antichi attualmente sta rifiorendo proprio in Sicilia, dove per fortuna questa grande eredità non è andata del tutto perduta. Sull’isola oggi sempre più agricoltori coltivano semi antichi. Ufficialmente sono 500 gli ettari adibiti a questo tipo di coltivazione, ma c’è chi parla addirittura di 3000.
Le specie che stanno tornando a coprire le colline siciliane sono la Tumminìa (un tempo coltivata in tutto il meridione e oggi diffusa per lo più nel trapanese e nel palermitano), Perciasacchi, Realforte, Casedda e Russello.
Non è solo la Sicilia a riscoprire i grani antichi. Alcune qualità stanno tornando anche in Abruzzo, come la Solina e il Saragolla.
L’importanza dei grani antichi nell’alimentazione.
Ma perché è così importante tornare ai grani antichi e promuoverne la coltivazione?
La prima ragione, lo abbiamo detto, sta nell’importanza di mantenere la biodiversità e di coltivare qualità di grani che si adattano meglio al proprio ambiente e sono in grado di contrastare naturalmente le infestanti. In questo modo è possibile ridurre, se non eliminare, l’impiego di fertilizzanti, antiparassitari e disinfestanti, nocivi per la terra e per la salute.
Il secondo motivo sta nel fatto che i grani antichi sono più ricchi di nutrienti e vengono meglio tollerati dal nostro organismo. Non si tratta di grani privi di glutine, come talvolta una informazione poco corretta vorrebbe far credere. Sono invece, in alcuni casi, specie con una quantità inferiore di glutine, come la Tumminìa per esempio. La farina di Tumminìa è quindi più digeribile e risulta più tollerata anche da chi soffre di intolleranza al glutine.
Al di là dell’impatto sulla salute, di primaria importanza, anche il gusto vuole la sua parte. Per quanto riguarda la nostra esperienza, abbiamo infornato qualche teglia di pizza fatta in casa con farina integrale di grano di Tumminìa. L’impasto, oltre che molto più gustoso, è risultato nettamente più digeribile rispetto alle farine raffinate ottenute industrialmente.
Per farsi un’idea su chi oggi coltiva in Sicilia grani antichi, scopri la storia di Fattoria Lombardo, una giovane azienda agricola che produce anche grano di Tumminìa.
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